Giuseppe Benassai: incanti aspromontani

di Antonino Sergi

Giuseppe Benassai, pittore paesaggista, tra i più talentuosi e creativi del panorama artistico italiano ottocentesco, nasce a Reggio Calabria il 13 luglio del 1835, giovanissimo, si dedica prima al disegno e poi alla pittura sotto l’attenta guida del maestro reggino Ignazio Lavagna.
Il percorso artistico lo porta prima a Napoli, poi a Roma e successivamente a Firenze. La sua arte si fa subito notare e apprezzare dalla critica artistica, tanto da ottenere diversi premi e riconoscimenti. L’opera di Giuseppe Benassai risente del momento culturale e artistico, di quel periodo storico, segnato dalla pittura napoletana e in particolare dalla scuola artistica di Posillipo. La città di Napoli, ricca di un vivissimo e fervido cosmopolitismo, che spazia dalla pittura senese al caravaggismo, da Salvador Rosa a William Turner, è culla di una nuova e originale visione di pittura di paesaggio.
In questo stimolante contesto Benassai matura una sua personale idea di arte.
Vive da protagonista, anche, le inquietudini del periodo. Problemi sociali e contrasti ideologici creano continui e accesi tumulti nella società del tempo. Per motivi politici egli stesso è costretto a lasciare la sua città natale.

I dipinti che realizza, dal carattere fortemente romantico, esaltano la natura come espressione del divino sulla terra. Le sue grandiose visioni aspromontane stimolano pensieri ariosi e aperture mentali, dove l’uomo può perdersi nell’immensa spazialità che, superando il limite del bello classico, lo porta direttamente a contatto con l’illimitato e il sublime di scuola kantiana.
Nelle opere aspromontane, il nostro autore, esalta la bellezza dei luoghi, visti diremmo oggi, con occhio cinematografico, con inquadrature in campi lunghi, di rara e originale suggestione espressiva.
Nell’olio su tela “Vicinanze d’Aspromonte” eseguito tra 1862 e il 1863, conservato presso il Museo e Gallerie nazionali di Capodimonte a Napoli, il maestro reggino crea un’opera dallo stile unitario ricavato, mirabilmente, solo con l’utilizzo del colore prevalentemente monocromo dai toni caldi che rende l’atmosfera del dipinto palpitante e appassionatamente impetuosa. Il dipinto è presentato con diverse denominazioni: alla Promotrice di Napoli come “Paesaggio – Vicinanze d’Aspromonte” a Torino come “Montagna sopra Bagaladi e torrente di Melito (studio della Calabria).
In altre due tele “Vallata verdeggiante con greto di torrente” e “Panorama montagnoso” il maestro mette in luce una sua particolare visione dell’altopiano reggino.
In queste opere egli si allontana dallo stile pittoresco e particolareggiato per analizzare il territorio naturale attraverso vedute realizzate come fossero composizioni di forme geometrizzanti, essenziali e spoglie. L’insieme risulta delimitato semplicemente dal preciso e ondulato skyline dei monti in controluce; quasi un Cèzanne.

Nel dipinto “Mucche in Aspromonte”, va detto che l’opera fu dipinta dal Benassai nelle campagne intorno a Pisa, il pensiero artistico è rivolto al verismo, ma con una particolare visione prospettica; lo sfumato atmosferico. Realizza le montagne dello sfondo con una nuova tecnica che richiama i macchiaioli.
Nel 1868 dipinge il grande paesaggio “La Quiete”, esposto presso la Pinacoteca Civica di Reggio Calabria, qui si fa notare e ammirare per l’uso visionario della bellissima e ardita prospettica a volo d’uccello. L’artista, nell’opera, concepisce un paesaggio di pura fantasia, di grandi dimensioni, dove tutti gli elementi compositivi sono posti in maniera armoniosa così da generare nell’animo dello spettatore un senso di pace, tranquillità e quiete, da qui il nome. Al centro della composizione dipinge un laghetto, alimentato da un tortuoso ruscello, sovrastato da pareti rocciose che scendono a picco sullo specchio d’acqua sulla cui superficie si riflettono.

Sempre nella Pinacoteca Civica di Reggio Calabria è collocato il dipinto “Aspromonte”. L’opera si apre ad una visione paradisiaca dei piani aspromontani. Nella tela si evincono similitudini di sentimenti, calma e tranquillità, con “la Quiete”. La scena appare, in campo lunghissimo, come un grande fotogramma, con l’orizzonte posto leggermente al di sotto del centro del rettangolo visivo, così da dare più spazio e risalto atmosferico al cielo luminoso carico di leggere nuvole che aleggiano sul sottostante tappeto erboso dove un gruppo di pecore e bovini tranquillamente stazionano. Un dolce profilo di basse colline si staglia all’orizzonte come confine ultimo di una sconfinata scena. Lo spettatore, per effetto dei diversi piani visivi, sembra, inaspettatamente, proiettato all’interno di una visione quasi metafisica dove il senso del presente a poco a poco svanisce. Il dipinto è conosciuto, anche, come “La casetta dei forestali in Aspromonte”. Il quadro fu esposto a Torino insieme al dipinto “Veduta della Rocca e spiagge di Scilla nello stretto del Faro”.

Al pittore reggino va riconosciuto soprattutto il forte sentimento d’amore per la natura che rappresenta sempre con rispetto e puntigliosa creatività. Cantore del romanticismo crede nell’indissolubile unione tra la vita e l’arte, il pensiero e il sentimento. Dipinge le alture della montagna reggina con passione e dedizione di impegno.
Attraverso la sua arte, aperta e sensibile, dona all’Aspromonte visioni dal forte carattere simbolico e cariche di un appassionato lirismo poetico.
Giuseppe Benassai, nel 1877 è nominato Professore onorario dell’Istituto di belle Arti di Napoli e nel 1878 di quello di Parigi.
L’artista si spegne a Reggio Calabria il 5 dicembre del 1878.

Fonti

  • Dario Durbè, Giuseppe Benassai 1835-1878, C.EDI.C. 2003
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