No, non è un riferimento calcistico alla squadra del Condofuri. Si tratta dell’ennesimo toponimo che mi ha incuriosito e del quale ho cercato di capire il significato.
È riportato nell’IGMI del 1990 e del 1865 ed è la traccia di una storia lunga e complessa. Indica delle aree di proprietà del Comune di Condofuri ricadenti all’interno di quello di Roccaforte del Greco.
La questione è giuridicamente articolata perché attraversa secoli di storia dei difficili e contrastati rapporti tra lo Stato e i baroni: vasi di ferro, tra i quali si trovava quello di coccio del popolo.
Verso la fine dell’epoca feudale (nel basso medioevo), i baroni, profittando della scarsa attenzione del Sovrano ai beni pubblici, cominciarono a chiudere boschi e terreni del demanio feudale recintandoli, mettendoli a coltura e chiudendoli con siepi o muri: nacquero così le “difese”.
Stesso intento avevano i “parchi”, le “chiuse”, le “menzane”, allo scopo di coltivarli sottraendoli così all’uso dei cives, del popolo. Alle offerte di transazioni di alcuni usurpatori il Fisco aveva accettato concedendo agli offerenti solo il diritto di superficie con l’obbligo di pagare la fida (tassa sul pascolo degli animali) e il giogatico (tassa sui buoi adoperati per la semina). Alla fida era conseguente la diffida, cioè una multa per i trasgressori.
Ma le usurpazioni non terminarono, tanto che lo stesso Stato non mancò di erigere proprie difese, soprattutto al fine di individuare aree riservate all’esercizio della caccia.
In Calabria il fenomeno si verificò soprattutto nei grandi boschi della Regia Sila. Gli usurpatori avviarono contenziosi che durarono secoli e che alla fine li videro vincitori nei confronti dello Stato, il quale dovette concederne la proprietà con Regio Decreto.
Quelle che però soffrirono di più furono le popolazioni che si videro precluse ampie porzioni di bosco e di territorio dagli usi civici (legnatico, caccia, pascolo, semina, acquatico, erbatico, fungatico, ecc.) che da millenni esercitavano liberamente e che spesso costituivano importante sostegno ad una vita stentata.
Con il Regio Decreto 10 marzo 1810 di Gioacchino Murat fu stabilito che i demani usurpati dai baroni con le “difese” dovevano tornare nel possesso dei Comuni.
Anche il nuovo stato unitario sabaudo con una serie di provvedimenti tentò in qualche modo di dare soluzione all’annosa e controversa vertenza delle “difese”.
Probabilmente in tal modo la Difesa di Condofuri transitò all’attuale Comune di Condofuri.
Ringraziamenti
Il personale dell’Ufficio Tecnico del Comune di Condofuri, la prof. Anna De Luca del Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, il dr. Francesco Manti e l’arch. Domenico Malaspina. Mi hanno aiutato alcune letture quali Storia della natura d’Italia di F. Pratesi (2001); Latifondo di M. Petrusewicz (1990) e altre.
IMMAGINI
- Stralcio IGMI del 1990 con evidenziate le località Difesa di Condofuri e Piani di Salo
- Stralcio IGMI del 1865 con evidenziata la località Difesa di Condofuri
- In verde alcune delle aree gravate da usi civici nei pressi di Difesa di Condofuri.
- Schermata di un GIS con perimetrate alcune aree gravate da usi civici nella provincia reggina. Intuibile che la mia ricerca si è limitata ad aprire alcune finestre su di un passato tutto da indagare che spero impegni giovani menti più attrezzate.
- Antica planimetria di una difesa silana
- Anche il casello di Piani di Salo è del Comune di Condofuri ma nel territorio di Roccaforte. Anch’esso protagonista di una storia complessa