L’Aspromonte nei versi di Rita Saladino
a cura di Francesco D’Aleo

Rita Saladino nasce a Reggio Calabria nel 1970. È un Dirigente Biologo con diversi anni di servizio ed opera presso l’Unità Operativa di Tipizzazione tissutale al GOM – Grande Ospedale Metropolitano del capoluogo reggino. Persona sensibile ed acuta, racchiude nelle sue liriche il vissuto di una donna forte e determinata capace attraverso i propri versi di fornire una lettura attenta e puntuale del mondo che ci circonda. Le poesie di Rita vanno lette lentamente e con il cuore cogliendo e raccogliendo ogni singola parola.

“Ho colto l’occasione per seguire le tracce di un percorso umano, attraverso versi densi e consistenti che parlano all’anima ed esprimono i movimenti del cuore, punto di partenza per un’esplorazione poetica” dalla prefazione di Rosa Anna Salamone.

 

di Giuseppe Arcidiaco

Un sito di considerevole interesse geologico, antropologico e naturalistico in Aspromonte è senza dubbio la grotta della Làmia, situata nel territorio di Fossato (Montebello Ionico). Ad oggi, questa grotta rappresenta la più estesa formazione ipogea naturale nota nella provincia di Reggio Calabria.
L’etimologia del toponimo è incerta: potrebbe derivare dal greco laimos che significa gola, da cui anche lamyros, avido, ingordo. Una radice legata dunque all’aspetto del suo ingresso che ricorda la bocca aperta di un vorace mostro. Nel dialetto locale, il termine làmia (1) ha assunto, pertanto, il significato di cavità sotterranea con copertura a volta o, semplicemente, grotta. Tale denominazione affonda le sue radici nel passato magnogreco della provincia di Reggio Calabria, dove sono riscontrabili diversi toponimi simili. È possibile, dunque, che, nel tempo, il termine làmia abbia finito per indicare genericamente cavità con determinate caratteristiche morfologiche che ricordino una bocca dentata o trasmettano l’idea di voracità.

Tra mito e tradizione
Nella mitologia classica ed orientale esistono differenti versioni del mito di Làmia (2) che, negli anni, si sono contaminate con credenze popolari ed elementi tradizionali. Secondo il racconto maggiormente diffuso, Làmia (3) era la bellissima regina della Libia figlia del re Belos e di Libye, della quale si innamorò Zeus. Ciò suscitò l’ira di Era che, arsa dalla gelosia, si vendicò dell’amante del marito privandola del sonno e sterminando la loro numerosa progenie. Resa folle dal dolore e dalla disperazione, Làmia si trasformò in una creatura mostruosa e vendicativa, dedita a rapire e divorare i figli altrui, spinta dall’invidia per le madri felici. Làmia, ormai mutata nell’indole e nell’aspetto, trovò rifugio nel buio delle grotte, mostrando all’esterno solo le proprie fauci spalancate. Secondo altre versioni del mito, Làmia sarebbe stata la madre del mostro Scilla o, ancora, della maga e veggente Sibilla (4). Molte leggende, tramandate dagli abitanti di Fossato, aleggiano sulla grotta, un antro in grado di inghiottire uomini e bestiame, perfino intere greggi. A causa di tale superstizione, la grotta era temuta dagli abitanti del luogo che evitavano di avvicinarvisi, specialmente nelle ore notturne. Alcuni racconti parlano, infatti, di un mostro o di un drago, che trascinava le proprie vittime nella grotta e, certe notti, era anche possibile sentire urla e strazianti lamenti provenire da quel luogo, associati alla Làmia che divorava le sue prede. Col tempo questa minacciosa figura di donna-mostro, iniziò a popolare anche le storie per bambini, divenendo, di fatto, uno spauracchio evocato dalle nutrici per distoglierli dal compiere malefatte. (5)

Caratteristiche ed origine geologica
La grotta della Làmia si apre a 910 m di altitudine s.l.m. sul fianco di uno dei tanti canaloni del Vallone Spedìa (Montebello Ionico), sulla sinistra idrografica della fiumara Valanidi. A prima vista molto simile, quanto a conformazione morfologica generale, alle Grotte di Tremusa nel comune di Scilla, la Grotta della Làmia si distingue da queste ultime per le sue più estese dimensioni. Si è generata a partire da rocce sedimentarie formatesi in ambiente marino in periodi antecedenti al sollevamento tettonico del massiccio aspromontano. La progressiva azione erosiva dell’acqua ne ha plasmato la cavità, scavando in essa cunicoli e tortuosi meandri. Le stesse acque, trasportando a valle sabbie e prodotti di disgregazione della roccia, ne hanno, invece, aggirato e risparmiato le strutture più solide e resistenti, che attualmente si configurano come massicci pilastri o tozze protuberanze pendenti dalla volta della grotta.
Ciò che colpisce di questa grotta è proprio la sua ampiezza (decine di metri, inclusi i cunicoli terminali), insolita per una cavità costituita in prevalenza da arenaria e rocce calcarenitiche. Tipicamente, infatti, le grotte più ampie e profonde sono costituite da compatta roccia calcarea in grado di sostenere il peso della volta sovrastante. In rocce friabili, come quelle arenacee, si generano, invece, cavità di dimensioni molto più contenute e ridotte, dal profilo arrotondato, prive di significative strutture e concrezioni come stalattiti e stalagmiti.
Nel caso della grotta della Làmia, la percolazione di acque calcaree ha, invece, impregnato la roccia di depositi di carbonato di calcio conferendole compattezza, solidità ed una caratteristica patina di colore biancastro.
Alle infiltrazioni di acque ricche in bicarbonato di calcio, che precipita in calcite quando si presentano le condizioni chimico-fisiche ideali, è anche da attribuire la formazione di “micro stalattiti” di lunghezze dell’ordine dei millimetri: si tratta di aggregati di granelli di sabbia, detriti e sedimenti “cementati” dal calcare trasportato dallo stillicidio.

La grotta
La grotta si presenta come un vasto ed intricato labirinto, in cui un alternarsi di spesse colonne, voluminose e tozze stalattiti, anfratti e gallerie disorienta il visitatore. Il panorama è reso ancora più intrigante dal particolare gioco di ombre proiettate sulle bianche pareti rocciose dai raggi solari provenienti dall’ampia ante grotta. Gli ambienti più interni risultano invece completamente oscuri. Sulle sue pareti, tanto quanto sulla volta, fossili di conchiglie “a pettine” (molluschi bivalvi del genere Pecten), alcuni anche molto grandi e ben conservati, testimoniano l’origine marina delle rocce. Oggi la grotta ospita, sempre meno numerose, colonie di pipistrelli. Il suolo terroso si presenta umido per l’intenso stillicidio ed in leggera salita con un dislivello totale di +3.50 metri rispetto alla quota del principale dei tre ingressi. La grotta termina con stretti cunicoli che risultano impraticabili in quanto ostruiti da compatti depositi terrosi, ma che, stando ad alcune non confermate dicerie locali, condurrebbero per vie sotterranee ad altre grotte presenti sul territorio di Motta San Giovanni o, perfino, di Melito Porto Salvo.

Per approfondimenti consultate la mappa delle grotte dell’Aspromonte

NOTE:
(1) Làmia: volta, stanza con soffitto o copertura a volta. Lamiari: languire, desiderare, patire la fame, essere travagliato dalla fame per qualcosa, da cui lamiatu, affamato (G. Rohlfs). È curioso notare che anche il termine lamientu, lamento o sbadiglio (per fame?), a prima vista sembri avere la stessa radice di làmia.
(2)  F. Costabile, Minima Epigraphica et Papyrologica.
(3) Mitologica figura femminile dall’aspetto mostruoso, antropofaga ed infanticida, talvolta assimilata ad un orco, un vampiro, una strega o una creatura dal corpo in parte umano ed in parte animale. Le fonti non sono univoche nella narrazione della sua vicenda e la sua iconografia è molto variegata: presenta, infatti, caratteri fisici comuni ad altre creature del mito come la sirena o il tritone, l’arpia, il licantropo, il drago, la sfinge. Tra le sue più note rappresentazioni, vi sono quella di donna-lupo, dal corpo peloso e dotata di artigli (fig. 13-14), o anche quella di donna dal corpo di serpente o in grado di trasformarsi in rettile, capace di sedurre i giovani con l’intento di divorarli (fig. 15). Risulta, inoltre, che il termine “Lamie” potesse indicare un’ampia categoria di creature mostruose tutte accomunate da caratteristiche come metamorfosi, bestialità, voracità (intesa sia in senso alimentare, che erotico) e soprattutto antropofagia, cannibalismo o vampirismo.
(4) Nel mito e nell’epica, figura femminile di indovina o incantatrice, protagonista anche di storie ambientate in Aspromonte. Una peculiarità, che la accomuna con la Làmia, è rappresentata dal fatto che dimora anch’essa in una caverna, “l’antro della Sibilla”. Leggi la storia della Sibilla
(5) Numerosi racconti e testimonianze locali sono raccolti in La Làmia nei racconti dell’area grecanica (Vittoria Minniti, I quaderni del ramo d’oro online), opera, in cui è riportata una dettagliatissima analisi storico-letteraria della figura della Làmia e della sua evoluzione nel tempo, tanto nella mitologia, quanto nel folklore popolare. Oltre alla Grotta della Làmia, alla contrada Làmia (Fossato) ed ai vicini Campi della Làmia, nella stessa opera sono citati altri luoghi legati alla stessa denominazione, come le contrade Lami o Lamie nel borgo di Bova e Làmia a San Lorenzo e Gallina.

 

Sono Luigi Torino, classe 1996 nato a Reggio Calabria; fisico di formazione, lavoro nell’ambito della consulenza e nel tempo libero amo esplorare la natura incontaminata della Calabria e dell’Aspromonte. Sono attualmente iscritto alla Facoltà di Scienze Forestali di Reggio Calabria.
Mi sono avvicinato alla fotografia macro e di paesaggio nel 2019, dall’anno successivo ho iniziato ad interessarmi alle orchidee selvatiche e alla flora endemica della provincia reggina; al momento mi dedico principalmente alla ricerca e alla catalogazione delle orchidee presenti sul territorio. La mia fotografia strizza un occhio sia all’estetica che alla precisione della tecnica; amo spaziare dai particolari dei soggetti ritratti a foto dall’aspetto più onirico, passando per scatti ambientati e dettagli di paesaggi. Ho iniziato a scattare con attrezzatura Nikon per poi passare al sistema Olympus micro 4/3.
La passione per la natura nasce dal contatto frequente che ho avuto sin da piccolo con l’ambiente e la nostra montagna; questo legame combina il piacere della scoperta e la costante meraviglia per la variegata biodiversità dell’Aspromonte con la volontà di testimoniare le bellezze spontanee con un certo rigore scientifico. Ritengo che la Calabria sia una regione sottovalutata dal punto di vista naturalistico – a volte dai suoi stessi abitanti, ignari dell’inestimabile ricchezza a pochi passi da casa – che merita una giusta indagine non solo per la valorizzazione del suo patrimonio naturale ma soprattutto per porre un focus sulla conservazione di quanto è presente sul territorio.

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