Le fiumare erano navigabili?

Plinio, Strabone e altri storici dell’età antica descrivono come navigabili gran parte dei fiumi calabresi. L’affermazione, soprattutto riferita alle fiumare aspromontane, mi ha sempre lasciato perplesso per cui di recente con l’amico e geografo prof. Renato Crucitti abbiamo approfondito la questione. Tralasciando ovviamente le notizie riportate in rete senza alcuna fonte bibliografica o documentale.
Abbiamo iniziato leggendo “Fiumi “navigabili” nella Locride antica” di Emilio Barillaro edito nel 1973 nel quale l’autore già cita il termine “navigabilità” tra virgolette e ne abbiamo proposto la lettura ad alcuni esperti.
Ne riportiamo il giudizio.
Prof. Marino Sorriso Valvo, geologo tra i massimi esperti in e di Calabria.
“Non è pensabile che qualcuna delle nostre fiumare fosse navigabile, dato che le fiumare hanno mantenuto, nei millenni, l’aspetto che hanno ai giorni nostri. Questo l’ho potuto dimostrare datando i depositi alluvionali antichi di diverse fiumare calabresi e, considerando che la fiumara ha una tale velocità evolutiva che non è compatibile con un tratto finale a bassa pendenza, come richiede un canale fluviale perenne e profondo: se così fosse, non vi troveremo depositi a grande granulometria e letti fluviali a elevata pendenza.
Insomma: Plinio, e tutti gli storici antichi, devono aver scambiato per letti fluviali le darsene che i Greci, ma anche i Fenici, costruivano per poter accogliere i loro navigli”
Di seguito il parere del dr. Gerardo Pontecorvo, dottore forestale e geografo.
“Ho letto con curiosità la pubblicazione che pur ricca di informazioni storiche è frutto di parecchia fantasia.
Certo che è affascinante pensare a fiumi navigabili al posto di aride fiumare ma la realtà fisiografica della Calabria odierna e antica non ce lo consente.
Non sono mai stati i disboscamenti, le frane e/o gli arretramenti di costa a determinare la navigabilità di un fiume. E non potrebbero esserlo. Questa dipende invece dall’ampiezza del bacino idrografico, dalla quantità di acqua (pioggia, neve, ghiacciai) e dal regime pluviometrico e di conseguenza dalla portata del corso d’acqua in termini di metri cubi e costanza di deflusso.
Prendiamo un bacino per tutti, quello dell’Amendolea il più grande. Pensa che il suo bacino è di appena 150 km2 (il Laverde è di 130). Quello del fiume Crati è invece di ben 2440 km2, ma non è, e non è mai stato, navigabile (verificato da approfonditi studi scientifici). Eppure, ancora oggi ha una portata massima di ben 36 m3/sec
Per non parlare della pendenza media! Quella dell’Amendolea, (circa 10%) per assurdo ricolma d’acqua non consentirebbe nemmeno al più potente dei motoscafi di risalirla!
Dunque, seppure il regime pluviometrico nelle epoche descritte nell’opuscolo (dalla Magna Grecia al medioevo) anziché di tipo mediterraneo fosse stato di tipo misto equatoriale/oceanico (che ovviamente non esiste) con pioggia abbondante per tutti i 365 giorni dell’anno non avremmo certo un fiume navigabile!
Come riportato nello stesso opuscolo, poiché quella dell’Amendolea è una valle molto ampia (conseguenza dell’emersione del massiccio dell’Aspromonte) potrebbe darsi che il mare vi entrasse per centinaia di metri (come nei fiordi norvegesi) costituendo un riparo per i natanti. Poi con la progressiva e naturale erosione dei versanti non sufficientemente compensata dal sollevamento della crosta terrestre il fiordo è stato interrato.
Anche per le altre fiumare si può al massimo pensare a qualche breve rientranza marina che nell’immaginario storico dell’autore si sono trasformate in veri e propri porti per grandi navi e in imponenti fiumi navigabili.”
Abbiamo consultato anche gli scritti dell’archeologo Giuseppe Cordiano, che ha indagato a lungo l’area tra Reggio e Locri.
Afferma che fino almeno a tutto il XVIII secolo cingevano l’Aspromonte una serie di potenziali approdi naturali costituiti in primo luogo dalle foci delle fiumare e dalle lagune costiere, soprattutto se al riparo di rilievi e presso sorgenti d’acqua dolce.
Circa il comprensorio dell’odierno Capo Bruzzano, sul quale ha indagato maggiormente, l’analisi topografica consente di intravedere dove naturalmente immaginare approdi per la navigazione a vela di medio-piccolo cabotaggio da età antica fino al XVIII secolo. A tale funzione hanno adempiuto a sud a ridosso della costa, fino almeno al 1781, le località chiamate Pantano Piccolo, alla base dei colli occupati in età bizantina da Brancaleone Vecchio, sia poco più a nord in special modo Pantano Grande, formato dal tratto terminale e dalla foce della fiumara di Bruzzano. Quest’ultima, prima delle bonifiche novecentesche, presentava un’ampia laguna portuosa che penetrava verso l’interno per 6 km e nel tratto più interno un’ansa molto ben al riparo dai sostenuti venti del quadrante orientale.
Infine i più recenti studi sulla geomorfologia aspromontana mostrano come nella sua porzione ionica, da sempre tettonicamente attiva in quanto in fase di forte sollevamento, il livello del mare fosse in età greco-romana un po’ più basso dell’attuale (tra i -2 ed i -0,80 m) ed in seguito sia anche intervenuto il fenomeno delle forti alluvioni e frane di notevole importanza morfologica (agevolate anche da un sempre più energico disboscamento del manto boschivo) che hanno causato l’interro di varie foci portuose in zona.
Per quanto sinora esposto riteniamo che la navigabilità si limitasse alla parte più prossima alla foce dove il mare, penetrando nel corso d’acqua, consentiva un approdo sicuro. Forse favorita dalla probabile maggiore copertura arborea nel passato dei versanti e delle rive del corso d’acqua così da consentire una portata più costante di quella che ora caratterizza le fiumare aspromontane.

Alcuni dei testi consultati:

  • Tra Rhegion e Lokroi Epizephyrioi, Un quindicennio di ricerche topografico-archeologiche tra Palizzi e Capo Bruzzano a cura di Giuseppe Cordiano, ETS 2014
  • Tra il Torbido e il Condojanni. Indagini archeologiche nella locride per i lavori ANAS della nuova 106 (2007-2013) a cura di Rossella Agostino e M. Maddalena Sica, Rubbettino, 2019
2 commenti
    • pico
      pico dice:

      Grazie dei complimenti. Li giro alla “redazione”. Il lavoro che porto avanti si avvale anche della collaborazione di appassionati come me che condividono gli intenti divulgativi e di approfondimento del sito.

      Rispondi

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