Friulani in Aspromonte

Sono entrato più volte nella valle del torrente Butramo, detta Infernale dai locali. Sia per esplorazioni che alcune volte hanno avuto epiloghi rocamboleschi, sia in altre occasioni accompagnato da guide esperte come Antonio Stranges. Nel transitare dal passo di Infernale mi colpì una piccola croce di ferro fissata su di una roccia: questa è la sua storia.
Nel secondo dopoguerra l’imprenditore Giuseppe Primerano di Bovalino aveva creato a San Luca un importante polo industriale del legno per l’utilizzo del patrimonio boschivo delle montagne. Queste erano attraversate da chilometri di teleferiche per il trasporto dei tronchi i cui segni sono ancora leggibili sul territorio, nelle carte e nelle foto aeree dell’epoca. Nella fase di maggior sviluppo impiegò oltre 400 persone con alcune maestranze che provenivano da altre regioni (Trentino, Piemonte, Veneto, Friuli, Emilia Romagna, Basilicata) e perfino dall’estero (Yugoslavia).
Dal 16 al 18 ottobre del 1951 si scatenò una tra le più gravi alluvioni che colpì il versante meridionale della Calabria: strariparono corsi d’acqua, crollarono ponti, paesi rimasero isolati e si ebbero circa 70 vittime.
La vallata del Bonamico fu una tra le più danneggiate e la frana di Fernìa, ben visibile dal paese, è ancora un segno evidente dopo quasi 70 anni.
In quei giorni il giovane boscaiolo friulano Enrico Vuerich fu sorpreso dal maltempo nei boschi di Ferraina e volle spostarsi verso la zona di Cano, forse ritenuta più sicura e dalla quale poter raggiungere il paese. Sconsigliato vivamente dai compagni si avviò egualmente ma non superò la valle Infernale dove il torrente Butramo lo travolse. La furia delle acque fu tale che il corpo non venne più trovato.
A ricordo del tragico evento rimane una piccola croce al passo di Infernale, nel punto in cui si guada il torrente e dove si ritiene che la morte lo colse. Un altro tassello di questa storia è una targa in marmo posta nella chiesetta del cimitero di San Luca.
Allo sfortunato giovane rivolgiamo il saluto friulano “mandi” che si traduce “nelle mani di Dio”.

P.s.: Vuerich non fu l’unica vittima nella vallata del Bonamico. Anche un pastore sanluchese, Sebastiano Giorgi, morì in quei giorni e forse i toponimi serro e vallone di Marimorti, a est di Ferraina, li ricorda.

Ringrazio Fortunato Nocera per alcune delle notizie fornite.

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